Io non ti capisco!

Alcuni passi per avvicinarsi ad un adolescente.

Quante volte come genitori, insegnanti, parenti vi è capitato di dire o pensare questa frase?

Avere la sensazione di parlare due lingue diverse con gli adolescenti è una cosa tutt’altro che rara. Sembra che, raggiunta questa fase evolutiva, i figli costruiscano un muro invalicabile. È davvero così? Esiste un linguaggio comune?

Un modo per avvicinarsi ad un adolescente è quello di ricordarsi com’eravamo noi durante la nostra adolescenza e, se c’erano, quali erano le difficoltà che avevamo nel comunicare con i nostri genitori o con adulti.
Raccontargli come ci sentivamo noi in quel periodo può accorciare il divario che sentiamo tra noi e loro e può creare un nuovo punto di intesa.

Accettare che il ragazzo che abbiamo davanti stia vivendo un’adolescenza diversa dalla nostra è un altro passo che dimostra un profondo rispetto verso il piccolo uomo o la piccola donna che abbiamo di fronte, un grande dono che facciamo alla sua autostima.

Un altro passo può essere quello di chiedere loro spiegazioni rispetto ad un comportamento che non ci è piaciuto, ascoltare la risposta e comprendere il motivo che ha portato una certa azione.

Possiamo comunicargli cosa pensiamo senza giudicare la persona e chiedere se c’erano altri modi di agire e magari trovarli insieme. Insegniamo così a nostro figlio a comunicare senza che si senta umiliato o attaccato, vissuti che invece possono portare un adolescente a chiudersi, a non comunicare.

Permettere agli adolescenti di sbagliare anche quando prevediamo il fallimento, vuol dire riconoscergli la capacità di rialzarsi e allo stesso tempo offrirgli la possibilità di imparare grandi e piccole lezioni di vita. Possiamo accoglierlo con un “come stai rispetto a quello che è successo?” e un “cosa hai imparato?” evitando invece frasi che sottolineano inadeguatezza o frustrazione (“che ti avevo detto?” o un ironico “complimenti!”).

Un adolescente che si sente compreso ed accettato per quello che è (non per come si comporta) farà il suo 50% per costruire una relazione di fiducia e di ascolto con i genitori, l’altro 50% spetta a noi.

G.R.